Amici ritrovati

di Alberto Brambilla

Confesso: non sono più un bambino e, purtroppo, mi sto avvicinando ai cinquant’anni. Eppure non ho saputo del tutto controllare una certa emozione di fronte agli album di figurine qui esposti. Il sentimento che si prova è, innanzi tutto, quello di ritrovare dei vecchi compagni di gioco. Sì, quei rettangolini di carta, raffiguranti calciatori o ciclisti, sono stati per anni miei fedeli amici. Poche volte ho tentato di completare un album, ma non sono mai riuscito a portarlo a termine, così come ho trascurato la possibilità di avere dei premi raccogliendo ‘valide’ o ‘bisvalide’. Solo ricordo perfettamente il rituale del controllo, l’individuazione della lacuna, l’incollaggio, l’odore di mandorla della coccoina ... Ma non avevo la pazienza necessaria e neppure un forte senso di possesso, indispensabile per diventare collezionisti. E poi mi sembrava di rinchiudere in carcere quei giovanotti e quegli uomini duri come l’acciaio, che avrebbero voluto sollevare la pagina-prigione per fuggire alla ricerca d’un campo verde e di una sfera di cuoio.

Preferivo allora liberarli per sempre e tenerli con me, provvisoriamente in tasca e poi sempre fra le mani: un mazzetto multicolore tenuto insieme da un elastico giallo. Ho giocato con loro migliaia di partite ‘a figurine’ (nelle diverse specialità, da ‘lungo’, ossia a chi lanciava più lontano contro un muro, oppure a ‘stagnino’, che comportava di salire sopra un’altra figurina), riutilizzando dopo le lezioni il cortile ed i muri della scuola elementare Tommaseo, e poi quelli del Collegio Rotondi dove mi hanno ‘rinchiuso’ a dieci anni. Ma, tra una partita e l’altra, quanti dialoghi, quante confessioni con Kurt Hamrin, Gianni Rivera e Gigi Riva!

Non c’era nulla di meglio contro la solitudine, e poi c’era la voglia di diventare un campione come loro. L’ho capito più tardi: il calcio sognato e quello giocato nei campetti del Collegio e poi, durante le vacanze, delle periferie, era anche un tentativo di distinguermi, di distaccarmi, di ritrovarmi; di recuperare un’identità perduta o soffocata, come ho cercato di raccontare nel libro Viola come il sangue, a cui naturalmente rinvio. Incontrare dunque ora vecchie immagini della mia Fiorentina o della amatissima Pro Patria, significa sì tornare al passato, misurandone la distanza dall’oggi, ma anche provare la gioia inaspettata di ritrovare vecchi amici. E’ un’esperienza affettiva, in cui la malinconia si confonde con un sottile piacere. E’ il fascino misterioso delle figurine: non pezzi di carta, ma frammenti di memoria, di vita.
(2013)