Meazza alla Dossenina

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di Andrea Maietti

Negli anni Venti zio Carlo teneva una botteguccia di bagat a Milano, Porta Vittoria. La cosa di cui andò fiero per il resto della sua lunga vita fu di aver suolato qualche volta le scarpe a un ragazzino povero e vispo. Il ragazzino sarebbe diventato un campionissimo del pallone: si chiamava Giuseppe Meazza. Per veder giocare all'Arena il grande Pepin, mio padre, garzone di bottega, risparmiava il biglietto del tram, attaccandosi al trolley. Tanto bastava perché io diventassi interista nella gioiosa sorte e nella ria. E continui oggi ad avere qualche rimpianto per non averlo visto giocare di persona, il grande Pepin.

Felice Cerri
Il mio rimpianto è cresciuto, quando ho saputo che Meazza a Lodi era di casa, essendo anche buon amico del nostro Mao Capra. Si trovavano spesso al ristorante “Da Guido” in via Cavour. Qualche volta c’era pure Felice Cerri, detto ‘pajon’, terzino del Fanfulla negli anni Quaranta (successivamente al Milan) in coppia con Lovagnini. Felice, classe 1920, lo puoi trovare ancora ogni mattina in Piazza, a fare crepitante osteria di superstiti. Quando di anni ne aveva appena ottanta, una mattina d’estate si prese un coccolone alla Canottieri Adda. Lo ricoverarono d’urgenza: un colpo di sole, un collasso, chissà? In piazza lo diedero per spacciato. Il giorno stesso, al calar del sole, lui era già ritornato alla Canottieri per l’aperitivo. Gira ancora la voce che, prima di ogni partita, Cerri e Lovagnini studiavano la formazione avversaria, individuavano il pericolo numero uno e tiravano a sorte: «Quel lì, t’la massi tì o ‘l massi mì?».

Meazza giocò un paio di partite alla Dossenina, una volta marcato proprio da Pajon Cerri’. «Quella volta niente intimidazioni – dice ‘Pajon’-: Meazza era un grande e meritava rispetto. E poi noi gli eravamo grati per i consigli che dava a noi giovani di provincia. Siete bravi, ci diceva, fèves pagà
(2014)