Fernando Pessoa, un’immarcabile moltitudine

Boccaccio era il portiere
di Silvano Calzini

Portoghese, è unanimemente considerato il re dello smarcamento per la sua capacità di essere sfuggente, imprendibile, immarcabile per gli avversari. Winston Churchill quando lo vide giocare a Wembley nella nazionale portoghese lo definì "un rebus avvolto in un mistero che sta dentro a un enigma".

Per tutta la carriera ha giocato a Lisbona, ma era talmente abile nel mimetizzarsi in campo che nessuno è mai riuscito a capire se militasse nelle fila del Benfica o dello Sporting. Poco atletico, con un fisico da abatino, era però capace di scombussolare i piani delle squadre avversarie perché non sapevi mai in quale ruolo sarebbe sceso in campo.

A volte cominciava la partita nelle vesti di un centravanti di manovra, per poi trasformarsi in una mezzala di raccordo; nel secondo tempo poi rientrava e si schierava in difesa come roccioso terzino, per poi finire l’incontro nelle vesti di guizzante ala destra. Da qui l’impossibilità di inquadrarlo dal punto di vista tecnico e tattico.

Per le sue molteplici identità di giocatore, Gianni Brera, che ne apprezzava le doti tecniche ma ne lamentava lo scarso nerbo atletico, lo aveva ribattezzato "uno, nessuno e centomila". Un vero e proprio enigma calcistico per tutti i tecnici e i giornalisti che si ritrovavano spiazzati di fronte a questo fuoriclasse. Schivo e riservato, non concedeva interviste e raramente usciva dal quartiere di Lisbona in cui viveva.

Secondo gli almanacchi ufficiali ha abbandonato l’attività agonistica da molto tempo, ma c’è chi giura di averlo visto nella stagione in corso giocare tre partite contemporaneamente con tre maglie diverse.

(2012)