Quel rissoso, irascibile, carissimo Leo Longanesi

Boccaccio era il portiere
di Silvano Calzini

Motorino del centrocampo, romagnolo, anticonformista, irascibile, rissoso, dispotico, ma geniale. Un’autentica fucina di idee. Inesauribile in campo ed eclettico al di fuori del rettangolo di gioco. Un talento smisurato rinchiuso in un fisico da fantino.

Sapeva fare tutto, tanto è vero che delle squadre in cui ha giocato di solito era anche allenatore, presidente, general manager, medico e massaggiatore. È stato al tempo stesso un grande innovatore nel mondo del calcio, fu lui il primo a introdurre i moderni metodi di allenamento e tante nuove tattiche di gioco, ma anche un incallito tradizionalista, non a caso sognava di tornare al calcio di fine Ottocento, quello che si giocava sulle aie di campagna.

Insofferente al titic e titoc e agli inutili fraseggi a centrocampo, si muoveva solo a scatti, brucianti, fulminei. Era veloce con i piedi, ma soprattutto con la testa. Dopo cinque minuti capiva subito come sarebbe andata a finire la partita. Amava i giovani ed era anche un formidabile talent scout. Gli bastava vedere giocare un ragazzo pochi minuti per capire se aveva la stoffa per diventare un campione.

Nemico di ogni credo calcistico, cambiava squadra molto spesso, e ogni volta dopo un breve, intenso, innamoramento iniziale finiva per litigare con tutti. Un carattere difficile, un uomo complesso e complessato, per molti versi la contraddizione fatta persona, tanto da sognare, lui alto un metro e cinquanta e anticomunista viscerale, di diventare un giorno allenatore della nazionale di basket femminile dell’Unione Sovietica.
(2012)