Funny Football Wodehouse!

Boccaccio era il portiere
di Silvano Calzini

Divertimento allo stato puro. Non c’è altro modo di definire il calcio di Pelham Grenville Wodehouse. Quando scendeva in campo non gli interessava vincere o segnare, voleva solo divertirsi e divertire il pubblico.

Nato a Guilford, è stato il prodotto più funambolico del calcio inglese. Metodo, sistema, schemi, moduli di gioco sono tutti concetti che gli sono sempre rimasti estranei. Lui si affidava solo alla sua prodigiosa fantasia calcistica. Di tutto il resto se ne infischiava. Popolarissimo fin dagli esordi e inconfondibile per il suo cranio pelato che gli valse il soprannome di “plum”, prugna in inglese,

Wodehouse tanto era estroso in campo quanto grigio e noioso al di fuori del rettangolo verde. Sposato giovanissimo con una ragazza grigia e noiosa quanto lui, passava il tempo libero a escogitare nuovi numeri da esibire in campo. Per tutta la sua lunghissima carriera Wodehouse ha continuato imperterrito a sfoggiare uno stile di gioco personalissimo e pirotecnico, fregandosene altamente della sopracciliosa critica sportiva che lo snobbava; poi, immancabilmente, appena l’arbitro fischiava la fine della partita, l’impeccabile Jeeves scivolava silenzioso a bordo campo e gli portava “la buona vecchia tazza di the, non troppo calda, non troppo dolce, non troppo forte, senza troppo latte e nemmeno una goccia versata sul piattino”.

Guardando al suo modo di giocare viene da pensare che fosse afflitto da una sorta di disfunzione genetica che gli impediva di prendere sul serio il gioco del calcio. Caratteristica che lo mise in urto con i mammut della Federazione inglese e gli costò un lungo esilio dalla nazionale inglese. Solo a fine carriera l’intervento personale della regina Elisabetta gli permise di indossare la leggendaria maglia bianca al vecchio Empire Stadium di Wembley. A quel punto Wodehouse dichiarò alla stampa che non aveva nient’altro da chiedere alla vita e infatti dopo poche settimane morì in piena serenità.
(2012)