La porta davanti a sé: il centrattacco Gary

Boccaccio era il portiere
di Silvano Calzini

Se passate da Vilnius, in Lituania, è probabile che vi capiti di imbattervi in un monumento che raffigura un bambino che guarda verso il cielo, in uno spasmodico desiderio di grandezza e di assoluto. Il bambino ritratto in quel monumento si chiamava Romain Kacev e dopo una rocambolesca fuga attraverso mezza Europa insieme alla madre approdò a Nizza. Sognava un futuro radioso, prese la nazionalità francese, assunse il nome di Romain Gary (gari in russo significa brucia) e diventò il bomber dei “bleus”.

Un vero centravanti di sfondamento come non ce ne sono più ai giorni nostri. Aveva un modo di giocare che trascinava il pubblico. Senza troppi calcoli, partiva e si lanciava nel cuore della difesa avversaria. Forte, coraggioso, resisteva alle cariche più dure e sullo slancio molto spesso entrava in porta con il pallone. Protagonista assoluto sul campo di calcio e personaggio istrionico nella vita di tutti i giorni, Gary fu un grande cannoniere e un grande “tombeur de femmes”, tanto che quando gli chiedevano quanti goal avesse segnato in carriera e quante donne avesse avuto rispondeva allo stesso modo: “Non ho tenuto la contabilità degli zeri”.

In campo e nella vita sembrava spinto da una forza soprannaturale, da quella sete di assoluto ritratta nel bambino del monumento di Vilnius e che lo rendeva in apparenza invincibile. Invece era come quei cristalli che sembrano perfetti e indistruttibili, ma hanno un punto debole, che se toccato manda tutto in frantumi. Il pomeriggio del 3 dicembre 1980 Romain Gary uscì dal suo elegante appartamento nel centro di Parigi per andare a comprare una vestaglia di seta rossa. Rientrò a casa, indossò la vestaglia e si sparò un colpo di pistola in bocca.
(2012)