I ritratti di Eduardo
Nacque destinato a lustrare scarpe, vendere noccioline o borseggiare la gente distratta. Da bambino lo chiamavano Ninguém (Niente, nessuno). Figlio di madre vedova, giocava a pallone coi suoi molti fratelli negli spiazzi di periferia, dalla mattina alla sera.
Fece il suo ingresso sui campi correndo come può correre solo chi fugge dalla polizia o dalla miseria che gli morde i talloni. E così, tirando e zigzagando, divenne Campione d'Europa a vent'anni. Allora lo chiamarono la Pantera.
Nel Mondiale del 1966, le sue zampate lasciarono un mucchio di avversari a terra e i suoi gol da angolazioni impossibili suscitarono ovazioni che sembravano non finire mai.
Fu un africano del Mozambico il miglior giocatore di tutta la storia del Portogallo: Eusebio, gambe lunghe, braccia cadenti, sguardo triste.
Fece il suo ingresso sui campi correndo come può correre solo chi fugge dalla polizia o dalla miseria che gli morde i talloni. E così, tirando e zigzagando, divenne Campione d'Europa a vent'anni. Allora lo chiamarono la Pantera.
Nel Mondiale del 1966, le sue zampate lasciarono un mucchio di avversari a terra e i suoi gol da angolazioni impossibili suscitarono ovazioni che sembravano non finire mai.
Fu un africano del Mozambico il miglior giocatore di tutta la storia del Portogallo: Eusebio, gambe lunghe, braccia cadenti, sguardo triste.
Eduardo Galeano, Splendori e miserie del gioco del calcio