Boccaccio era il portiere
di Silvano CalziniGli anni d’oro di Roth finiscono lì. Incapace di accettare la nuova realtà, dopo un ultimo pellegrinaggio spirituale alla Cripta dei cappuccini e allo stadio del Prater, Roth cominciò a vagabondare per l’Europa, raccattando ingaggi prima a Berlino, poi in Olanda, in seguito a Nizza per approdare infine a Parigi, ultima stazione di questa sorta di via crucis calcistico-spirituale. Ma era uno sradicato. Solo a Vienna si sentiva un vero calciatore e non riusciva a sopportare la fine del calcio austriaco, di cui amava in modo spasmodico pregi e virtù, ma anche errori e difetti, mentre invece detestava con tutte le sue forze il calcio moderno basato sulla forza atletica, che lui considerava disumano.
Gli ultimi anni parigini furono un lungo e tragico tramonto. Il fisico ormai appesantito, lo sguardo appannato, il suo leggendario scatto un lontano ricordo, il grande campione si esibiva in squallidi campetti di periferia e annegava le sue infinite nostalgie nei caffè a suon di pernod. Il 23 maggio del 1939 Joseph Roth stramazzò sul terreno di gioco nel cerchio del centrocampo e morì in una crisi di delirium tremens all’ospedale dei poveri.
(2012)