L’inesauribile Scerbanenco

Boccaccio era il portiere
di Silvano Calzini

Di padre russo e madre italiana, nato a Kiev, ma arrivato in Italia da bambino, Giorgio Scerbanenco, grande lavoratore del centrocampo, venne ribattezzato “lo Stachanov del calcio”, un po’ per le sue origini, ma soprattutto per le centinaia e centinaia di partite disputate sempre senza risparmiarsi.

Scerbanenco abbandonò prestissimo la scuola e trasferitosi da Roma a Milano, prima di diventare calciatore professionista, ha passato anni di vera miseria facendo i lavori più disparati: operaio alla Borletti, addetto al pronto soccorso della Croce Rossa, contabile in una ditta. Ogni tanto qualche intermezzo in sanatorio, ricoverato più per denutrizione che per malattia, e dove veniva curato a suon di zabaioni.

Poi finalmente l’esordio in serie A e da allora una serie infinita di partite. Giocava sempre, comunque, dovunque. Anche quando arrivò il successo e il benessere economico, Scerbanenco gli anni duri della miseria se li portava sempre addosso. Anche nel fisico. Magrissimo, allampanato, con una faccia un po’ così, a metà strada tra Totò e Marty Feldman, il comico inglese con gli occhi a palla, lui era sempre lì a correre a perdifiato su e giù per il campo con la sua figura un po’ sgraziata, la maglia perennemente fuori dai pantaloncini e i calzettoni spesso arrotolati alle caviglie.

Gli esteti del calcio hanno a lungo storto il naso di fronte al suo modo di giocare, ma i tifosi lo hanno sempre amato perché non si dava arie da artista del pallone e si considerava solo un travet del calcio. Poi, all’inizio della stagione 1968-69, quando finalmente il suo talento era stato riconosciuto da tutti, durante una partita è stramazzato al suolo fulminato da un infarto.
(2013)