Il record di "Giott" Subinaghi

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di Andrea Maietti

Otello Giott Subinaghi: chi era costui? Un sùmes di centravanti (alto 1.64) che varrebbe un romanzo. Otello Giott Subinaghi giocò nella Roma del Testaccio dal 1935 al 1940. Il destino lo fece nascere ai tempi di Piola e Meazza: più tecnico del primo che lo sovrastava in possa e altezza; più dinamico del secondo, che non aveva eguali al mondo come peintre de futbol. Veniva dal Fanfulla di Lodi. E fu all’osteria della Dossenina che fu ribattezzato Giott, perché ogni sua mossa era, come per i milanesi dell’Arena ogni mossa di Peppino Meazza, una pennellata d’autore. Esordì a 15 anni, come oggi non potrebbe nessuno, tanto giovane e tanto nano. Giott batteva indifferentemente con i due piedi, aveva scatto bruciante, dribbling da sudamericano, e colpo di testa di arguzia spesso irridente.

Lo storico Stadio "Luigi Majno" di Gallarate (Varese)
Ho fatto in tempo a incontrarlo vispo settantenne, subito dopo il Mundial di Spagna 82. Si sentiva un poco rivivere nelle prodezze di Pablito Rossi, conservava non più di un filo di rammarico per essere stato sempre chiuso in Nazionale dai due fenomeni di cui sopra. «Ho consumato la mia piccola vendetta – mi disse - nel campionato 1938-39, contro il Torino del grande Olivieri, che era fresco campione del mondo. Presi palla a centro campo e scattai sulla fascia destra, saltando il mediano. Puntai al centro, e chiesi triangolo alla mia mezzala Coscia. Entrato in area, saltai il terzino Brambilla, allargandomi a sinistra. Nel frattempo avevo studiato il piazzamento di Olivieri. Quando mi accorsi che si stava spostando sul palo destro, sparai il sinistro nell'angolo opposto. Vincemmo 1-0. Hai segnato perché hai sbagliato, mi disse Olivieri. Al ritorno a Roma, lo anticipai di testa in uscita. Fu il gol della nostra vittoria per 2-1». 

Giott era troppo lodigiano per fare più di un cenno ai nove gol segnati in una sola partita: «Sèri vècc, urmai, e giüghèvi nella Gallaratese in serie C». Tempo di guerra, 1943. Era un’uggiosa domenica allo stadio di Gallarate. Ospite la Caratese. Sparuti spettatori intirizziti a guardare quella che poteva anche essere davvero l’ultima gara. Gli anni avevano tolto ad Otello lo smalto del pennello. A un certo punto della partita, mentre trottignava senza costrutto lontano dall'area, sentì distintamente uno spettatore dalla tribunetta svaporante nella nebbia: Otello, va’ a ca’, che la Desdemona la ta met i corni! Mancava non più di mezzora alla fine. Otello diede la voce alla sua aletta, che era giovane e in soggezione. Una dozzina di volte si affannò per andare sul fondo e crossare alla come viene. Per nove volte Otello, tornato per l’ultima volta Giott , trasformò in gol. Niente T.V. ai quei bei dì. Il romanzo di quella partita e di quei nove gol è tutto ancora da raccontare.
(2014)