di Umberto Saba
Sui gradini un manipolo sparuto
si riscaldava di se stesso.
E quando
- smisurata raggiera - il sole spense
dietro una casa il suo barbaglio, il campo
schiarì il presentimento della notte.
Correvano su e giù le maglie rosse,
le maglie bianche, in una luce d’una
strana iridata trasparenza. Il vento
deviava il pallone, la Fortuna
si rimetteva agli occhi la benda.
Piaceva
essere così pochi intirizziti
uniti,
come ultimi uomini su un monte,
a guardare di là l’ultima gara.
Parte di Cinque poesie per il gioco del calcio apparse nella raccolta Parole (1933-1934)
Recitazione del Poeta (1954) | Saggio di Alberto Brambilla | Esegesi
Claudio Caniggia
Ritratti

Ala ambivalente, Claudio dà il meglio quando lo sistemano sul binario sinistro: semaforo verde, parte la "Caniggia". Trattasi di fuga rettilinea sull'out e il binario non è un modo di dire; l'uomo fa "tuu-tuu" e scheggia dritto in avanti con oscillazioni laterali impercettibili, tipo Pendolino. Dalla metà prato in su, alta velocità costante, avversario superato in tromba senza bisogno del dribbling (una volta l'ha cercato dappertutto facendo finta di averlo perso, in realtà non l'ha mai avuto), il fondocampo che si avvicina, tuu tuu, eccolo, è lì. E sulla Caniggia cala il sipario: non sono previsti cross, retropassaggi o altre frivolezze, Claudio si riavvia smarrito i lunghi capelli ossigenati da entraineuse, guarda la palla che ha tagliato il traguardo della linea bianca prima di lui, rimprovera un compagno (è un vero uomo-squadra) e si rimette in posizione, cinquanta metri dietro.
Ha segnato un gol decisivo all'Italia, Mondiali '90. Di testa. It's fatality.
Andrea Aloi, Do di piede
Sugli spalti di Alamo
Calcio di oggi calcio di ieri
di Andrea Maietti
Tempi grami, fratelli. Urge un rimedio. Ricordate Sodoma? Se
almeno dieci giusti si troveranno, la città sarà salvata. Per quanto sia esteso
il malandazzo, io confido che molti
giusti resistano sulle basse rive dell’Adda. Li annoto sulla mia agenda dei
superstiti. Li puoi trovare ovunque: in una corsia d’ ospedale, a uno sportello
pubblico, a un bancone d’osteria. Muoiono le osterie? Almeno una resiste: la
Dossenina. Non passerai da Lodi senza visitarne lo stadio, dopo aver preso il
caffè in Piazza Maggiore, aver vibrato l’emozione d’oro dell’Incoronata e aver
visto, come Ada Negri, sorridere il cielo “con pupille azzurre” nel vano delle
bifore del San Francesco. Lo stadio si chiama appunto Dossenina, una vecchia
cascina diventata nel 1920 il campo di calcio del Fanfulla di Lodi. Ci è
passato idealmente il poeta Umberto Saba, l’autore di “Tredicesima Partita” una delle più belle poesie del Novecento. Una
gara vista dalla parte di spettatori fedeli, come avventori di un’osteria: “Sui gradini un manipolo sparuto si
riscaldava di se stesso”.
Proprio come accade ogni domenica alla Dossenina. Anche
adesso che il Guerriero è precipitato nelle bassure del campionato di Promozione
(sic).
(2014)
Armando Miranda
Ritratti

Il sudamericano Miranda se non altro era un tipo di qualche interesse, perché nella migliore tradizione del tempo sapeva davvero fare una cosa sola: tirare i calci di punizione. Collocata con cura premurosa e paziente la palla nel punto sanzionato dall'arbitro, a qualsiasi distanza si trovasse dalla porta avversaria, il colossale Miranda prendeva trenta, quaranta metri di rincorsa. Era lungo, lento, a suo modo solenne: partiva impettito nel silenzio di uno stadio speranzoso acquistando pian piano la velocità di crociera di dodici chilometri all'ora. Faceva l'effetto di una vaporiera con un buco nella caldaia, ma la botta che partiva dal suo destro era effettivamente impressionante. Peccato che di solito i suoi tiri avessero la deprecabile tendenza a "estamparse" contro i pali. Molto rumore per poco. Tanto più che per il resto della partita Miranda sonnecchiava, superato in velocità da troppi palloni irraggiungibili per il suo ritmo da treno a vapore.
Edmondo Berselli, Il più mancino dei tiri
* Armando Miranda (1939-1980) giocò in Italia fra il 1962 e il 1964, vestendo le maglie di Juventus e Catania
Quel rissoso, irascibile, carissimo Leo Longanesi
Boccaccio era il portiere
di Silvano CalziniSapeva fare tutto, tanto è vero che delle squadre in cui ha giocato di solito era anche allenatore, presidente, general manager, medico e massaggiatore. È stato al tempo stesso un grande innovatore nel mondo del calcio, fu lui il primo a introdurre i moderni metodi di allenamento e tante nuove tattiche di gioco, ma anche un incallito tradizionalista, non a caso sognava di tornare al calcio di fine Ottocento, quello che si giocava sulle aie di campagna.
Insofferente al titic e titoc e agli inutili fraseggi a centrocampo, si muoveva solo a scatti, brucianti, fulminei. Era veloce con i piedi, ma soprattutto con la testa. Dopo cinque minuti capiva subito come sarebbe andata a finire la partita. Amava i giovani ed era anche un formidabile talent scout. Gli bastava vedere giocare un ragazzo pochi minuti per capire se aveva la stoffa per diventare un campione.
Nemico di ogni credo calcistico, cambiava squadra molto spesso, e ogni volta dopo un breve, intenso, innamoramento iniziale finiva per litigare con tutti. Un carattere difficile, un uomo complesso e complessato, per molti versi la contraddizione fatta persona, tanto da sognare, lui alto un metro e cinquanta e anticomunista viscerale, di diventare un giorno allenatore della nazionale di basket femminile dell’Unione Sovietica.
(2012)
Do di piede

Andrea Aloi
Do di piede. Trentasette atti unici contro il calcio moderno
Ogni appassionato di calcio si porta dietro un bagaglio di ricordi, legati a un gesto, a un atteggiamento, a una prodezza, a un'atroce goffaggine. Non sono solo le imprese dei campioni ad alimentare questo repertorio personale: spesso sono ignoti mestieranti di provincia ad accendere l'immaginazione. Così in questo libro, scanzonata e paradossale galleria di figure ed episodi, convivono pagina a pagina venerate mezzeali brasiliane e oscuri terzini lettoni, leggendari goleador e anziani incontristi sul viale del tramonto, immensi campioni e sconosciuti figuranti, artisti geniali e brocchi memorabili. A tenere il filo delle loro gesta non è solo una scrittura esilarante ed estrosa: è anche la nostalgia di un calcio meno frenetico.
2001 | Editori Riuniti | L'autore
Tre momenti
di Umberto Saba
Di corsa usciti a mezzo il campo, date
prima il saluto alle tribune. Poi,
quello che nasce poi
che all’altra parte vi rivolgete, a quella
che più nera si accalca, non è cosa
da dirsi, non è cosa ch’abbia un nome.
Il portiere su e giù cammina come
sentinella. Il pericolo
lontano è ancora.
Ma se in un nembo s’avvicina, oh allora
una giovane fiera si accovaccia,
e all’erta spia.
Festa è nell’aria, festa in ogni via.
Se per poco, che importa?
Nessun'offesa varcava la porta,
s’incrociavano grida ch’eran razzi.
La vostra gloria, undici ragazzi,
come un fiume d’amore orna Trieste.
Parte di Cinque poesie per il gioco del calcio apparse nella raccolta Parole (1933-1934)
Recitazione del Poeta (1954) | Saggio di Alberto Brambilla | Esegesi
Di corsa usciti a mezzo il campo, date
prima il saluto alle tribune. Poi,
quello che nasce poi
che all’altra parte vi rivolgete, a quella
che più nera si accalca, non è cosa
da dirsi, non è cosa ch’abbia un nome.
Il portiere su e giù cammina come
sentinella. Il pericolo
lontano è ancora.
Ma se in un nembo s’avvicina, oh allora
una giovane fiera si accovaccia,
e all’erta spia.
Festa è nell’aria, festa in ogni via.
Se per poco, che importa?
Nessun'offesa varcava la porta,
s’incrociavano grida ch’eran razzi.
La vostra gloria, undici ragazzi,
come un fiume d’amore orna Trieste.
Parte di Cinque poesie per il gioco del calcio apparse nella raccolta Parole (1933-1934)
Recitazione del Poeta (1954) | Saggio di Alberto Brambilla | Esegesi
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